FRANCESCO a

 

LAMPEDUSA:

 

" O' SCIÀ " !


[ O' Scià, parola del dialetto locale,  che significa fiato mio o mio respiro che gli isolani adoperano come saluto amichevole ]

 

Il Papa, a Lampedusa, è parso riportare al centro l'esistenza delle persone, prima ancora che la "teologia" e i "doveri", stancamente ripetuti.

Un grido accorato per l'uomo, per gli ultimi, in un mondo in cui prevale il potere economico e militare, e misura del "potere" sono la forza, il denaro e gli affari, che pretendono di dettare modi e forme del vivere collettivo.

È stato l’intervento di un uomo di "potere" morale, che si è posto contro le "regole" del potere, esaltando il primato della vita umana.

Una voce che risuona dentro perché accoglie ciò che è taciuto e soffocato, come se il diritto ad una esistenza dignitosa fosse legato solo al denaro e al potere accumulati, e niente prevedesse per tutti gli altri.

È stata la denuncia di un mondo inumano e spietato, una voce che ha sentito e accolto le lacrime di chi si vuole non abbia voce.

Fuori di tutto questo può accadere di brancolare in un deserto di buone intenzioni e di riti sterili e consolatori, che rischiano di aprirsi alla rassegnazione o alla compiacenza, piuttosto che alla pienezza della dignità degli uomini.

L'antico grido di dolore attraversa drammaticamente l'intera storia dell'uomo: una ferita aperta che ha ritrovato il candore, l'innocenza e il coraggio di un testimone autorevole.

Grazie per questa testimonianza limpida e priva di compromessi, di chi ha riscoperto la strada "necessaria" della pietà e della dignità delle lacrime.

L'uomo di potere - oggi, come sempre - ha perso la benedizione delle lacrime, ha rinunciato alla santità e alla sacralità della vita.

 

Luciano Galassi

(8 luglio 2013)

“Senza catene” -  di Massimo Bubola

 

Questa canzone l'ho scritta ripensando, ad una frase del papa durante la recente visita fatta a Lampedusa l'8 di luglio scorso. Una domanda che è mi ha colpito nel profondo: "Chi ha pianto per le giovani mamme che portavano i loro bambini?" riferendosi ai 25.000 migranti morti in questi anni nella traversata verso l'Italia. Ho ripensato così alla triste e particolare storia di Samia Yusuf Omar, una ragazza somala di ventuno anni appena compiuti, atleta che aveva partecipato nel 2008 alle Olimpiadi di Pechino nei 200 metri piani. Samia era incinta al quarto mese, ed è morta su un gommone che la portava dalla Libia verso il nostro paese, il 17 marzo del 2012 al largo dell'isola di Lampedusa, dove è stata poi sepolta col suo piccolo.

   “Senza     

     catene”

 

Da venti giorni
davanti al mare sto
insieme a molti
stanotte me ne andrò

Quando la luna sarà lassù
La grande barca apparirà

Partiamo insieme
senza catene
che ci appartiene
la libertà
che è una bambina
è la speranza di una speranza ch'è clandestina

 

Con mille occhi
il vento salirò
col mio bambino
che dentro porterò

Qualcuno ci chiamerà
Dal buio al buio si andrà

 

Partiamo insieme
senza catene
ma quante pene
la libertà
che è qui vicina
è il nuovo volto del nostro volto che è clandestino

Ah, quanti sogni
con cui navigherò
quanti antenati
che mi si stringono

Quel che il Destino dirà
Il Tempo ci svelerà

Partiamo insieme
senza catene
che ci appartiene
la libertà
che è una bambina
è la speranza di una speranza ch'è clandestina

Partiamo insieme
senza catene
ma quante pene
la libertà

che è qui vicina
è il nuovo volto del nostro volto che è clandestino