"IL GIOVANE FAVOLOSO":

 

non si uccidono così

anche i poeti ?

 

 

Alla fine della visione del film di Mario Martone, se non scatta un moto spontaneo e stupido di patrio (o marchigiano) orgoglio, si ha la sensazione di uno svuotamento:  "Ridateci Leopardi!", viene voglia di gridare.

Resta la sensazione che qualcosa ci sia stato strappato via, piuttosto crudamente.

Si fa fatica a credere che il "povero disgraziato", rappresentato nel film, possa essere lo stesso che ha dato forma e magia a "l'Infinito", donandoci un potente sguardo nuovo.

Nella prima parte ci si schiera sicuramente accanto al Giacomo oppresso, schiacciato, nella speranza che possa trovare in sé (e che ci venga mostrato) le risorse capaci di affermare la sua anima (che pure abbiamo conosciuto), rispetto ad una famiglia (e ad una cultura) rigida, soffocante, gelida, dove i figli sembrano animali da ammaestrare, per ben figurare nella "buona" società.

Un padre inquisitore e padrone, una madre dura e senza sentimenti.

Ma quella attesa zampata di orgoglio e di verità viene tristemente inghiottita, e nel film troverà scarsa luce.

Non voglio affermare che il film possa avere falsificato storia ed eventi, dico solo che la grandezza di Leopardi, poeta e letterato, è come evaporata, scomparsa. Non brilla.

Le immagini di Leopardi ingobbito e quasi piegato in due, quel suo muoversi tra la gente come un "diverso", un poveretto, e come travolto dagli aventi, non ne fanno forse una patetica caricatura, mentre scivolano via la potenza e la libertà della sua ispirazione? Che tristezza!

Sembra solo un "diversamente abile", con tutta l'ipocrisia che accompagna questa definizione!

Cercava forse compassione?

E che dire della sequenza del postribolo, con quella messa in ridicolo dei ragazzini gracchianti e cattivi, al pari di quelli della nativa Recanati?

Non poteva esserci risparmiata?

La biografia è la "spiegazione" di ciò che vive nell'anima di un essere umano?

Quello che mostra la superficie, è la "verità"?

"Inseguire" Leopardi nei dettagli di quello che appare un "calvario", sembra via via "svuotarlo" di tutto, salvo nei momenti conclusivi del film, che preluduno alla morte del poeta.

La fuga da Recanati e dalla "prigione" dorata della famiglia, la tanto agognata ricerca della libertà, assomigliano alla discesa nelle sabbie mobili del nulla.


Tutto sembra disperatamente evocare, alla fine, il bisogno di un rito "riparatore", per restituirlo vivo nel cuore di tutti noi, un cuore che possa offrirgli ospitalità vera e rifugio sincero, dove non sia più un esule o un mendicante maltrattato e solitario.

Giacomo è vivo, è accanto a noi!

Forse ce la faremo, con tenerezza, a ricominciare e a rimettere insieme i cocci.

Leopardi è sempre più uno di noi...

 

Tra noi
 
Tra i lecci, i pini
e le siepi del tuo colle,
aleggiano ancora
le tue parole,
gentilmente cullate
dal vento.
Sei ancora qui con noi,
rapito cantore d’infinito.

 

Luciano Galassi 

(13 maggio 2015)