Francesco Ciusa - "La madre dell'ucciso" - 1907
Francesco Ciusa - "La madre dell'ucciso" - 1907

 

 E QUANDO LA VITA …  ( sorella Fragilità )

 

 

Siamo carne viva, attraversata dai sentimenti, non un corpo-macchina.

Forse non esiste nulla che sia solo "materia".



Forse nient'altro, quanto la fragilità, la nostra cultura aborre.

E ce ne difendiamo in mille modi.

Non la "fragilità" dei bambini: quella possiamo accoglierla, convinti che sia un passaggio "necessario" verso la condizione adulta, quella forte, potente, capace, spavalda.

Ci conforta il fatto che passerà.

La condizione più dura, più inaccettabile, e la fragilità che dura, che non passa, per cui non si può far niente...

Quella che crediamo non ci riguardi, che non ci toccherà.

Non noi, così capaci.

Ma è pura illusione. La fragilità verrà, senza chiedere permesso, senza bussare.

E stravolgerà tutta la nostra presunzione, la nostra onnipotenza, le nostre certezze, gli obiettivi che ci eravamo dati.

Potrebbe magari sfiorarci, toccare qualcuno che ci è caro.

Non parlo dell'incidente o della malattia: quelli possiamo ancora tentare di gestirli, possiamo ancora credere che niente cambierà, che ce la faremo.

Parlo di qualcosa di più "subdolo", che ci porta via pezzetti d'anima o di corpo.

E per il corpo, ancora passi... la mente è sempre trionfante.

E’ quando si liquefano pezzi di memoria, quando non si sa più chi si è, quando non si riesce a mettere in fila un pensiero, si perdono parole...

Forse non si è neppure più consapevoli che si aveva un sogno, delle passioni, dei talenti da lasciar maturare.

Si è così indifesi di fronte a quella "aggressione" dall'interno, che forse non si è neppure in grado di viverla con angoscia: accade e ci travolge, nient'altro.

Non si può correre ai ripari, non si sa neppure cosa, come riparare.

È come una colata di lava devastante.

Forse il peggio ci giunge da ciò che accade in chi ci è vicino. Un genitore, un figlio …

Siamo di fronte a qualcuno che facciamo fatica a riconoscere, che è diventato “l’ombra” di ciò che era, che forse non riconosceremo più.

Come un Cristo in croce.

È un pugno in faccia.

Quello "sfacelo" lo viviamo in piena consapevolezza, lo vediamo ghermire, devastare, annichilire.

E ti sembra che sia un altro mondo, rispetto alla vita di tutti i giorni, magari quella degli interessi spietati, della violenza, dell’indifferenza, dell’ambizione sfrenata o della “normalità”.

Un altro mondo …

Un altro mondo ?…

Il mondo che tocca pochi sfortunati, non noi ?

Eppure accade alla vita, nella vita.

Forse per la prima volta sappiamo che non possiamo farci niente.

La lava incandescente arriva, brucia, cancella, devasta.

Allora comprendiamo che non ci sono luoghi sicuri, protetti, riparati.

E la ragione, la volontà non sono più quel baluardo di certezza.

Tutto il castello crolla miseramente. Tutto ciò che la nostra cultura ci insegna e costruisce: un io granitico, che domina le sfide e le tempeste della vita.

Si deve entrare, per forza, in un’altra dimensione, indifferente alla maniera del mondo, alle sue suggestioni.

E’ come scoprire di appartenere ad un'altra dimensione.

Forse in quello "sfacelo" la vita ci rivela il suo vero volto, ma lo "sfacelo" è solo nella maniera in cui etichettiamo gli eventi, non nei fatti stessi.

Siamo noi "fuori fase".

E quando la vita ci strappa via brandelli di onnipotenza, che si fa ?

Si maledice, ci si dispera, si accusa la vita di non stare ai patti ?

Può darsi che ci sentiamo vittime di un tradimento e la vita ci appare una maestra spietata, crudele.

Certo, verrà la morte e avrà i nostri occhi, ci attende il disfacimento, ma lo vorremmo "a modo nostro", con tutti i conforti necessari, con le luci dei riflettori che si oscurano lentamente.

La vita, invece, preme l'interruttore "a tradimento", non ci lascia il tempo di rifarci il trucco, non segue la nostra logica. Devasta il nostro orgoglio.

E’ la consapevolezza del limite.

Ci sono aspetti della vita che non possono essere “riparati” (la morte è solo uno di quelli), su cui non si può intervenire.

Né possiamo sostituirci ad un’altra persona nella sua perdita di integrità, né possiamo restituirgliela.

Tutto questo è parte sostanziale del cammino della vita.

E non ci è dato che accoglierlo, e vedere che cosa ci è possibile fare.

Dobbiamo convivere con questa consapevolezza e sapere che tutto ciò è ancora e sempre la vita, quella vera, non quella che vorremmo.

 

Luciano Galassi

(6 marzo 2015)


La vita come una festa perenne - così cara alla invadente e interessata pubblicità - è smentita costantemente dalla realtà delle cose.

Dove scopriremmo la profondità ?

La leggerezza è una preziosa dimensione "orizzontale".